Gran Bretagna. Ha vinto la Brexit

Gran Bretagna. Ha vinto la Brexit

Il leader del partito anti-Ue, Nigel Farage.

I britannici hanno scelto. La volontà popolare, il giorno dopo il referendum sulla Brexit, cioè sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, è stata quella di dire basta all’Ue.

I voti a favore dell’uscita dall’Ue sono stati 17,4 mln

L’esito del referendum di ieri è di 17,4 milioni (il 51,9%  del totale) di “leave”, ossia di voti a favore dell’uscita. Mentre 16,1 milioni (il 48,1%  dei votanti) sono stati per il “remain”, cioè per la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea.

L’affluenza al referendum è stata del 72,2%. Secondo un prospetto della Bbc, delle 12 macroaree che compongono il Regno Unito, 9 hanno votato in favore di Leave. Remain è prevalso soltanto in Scozia,  con il 62% dei voti, a Londra, con il 59,9%, e in Irlanda del Nord, con il 55,8%. Le aree più euroscettiche sono state le Midlands, regioni che comprendono grandi centri urbani come Birmingham e vecchi distretti industriali, nelle West Midlands ha votato il 59,3%  degli elettori e nelle East Midlands il 58,8. A seguire il North East e lo Yorkshire  (la regione in cui giovedì 16 giugno l’estremista di destra, Tommy Mair, ha ucciso la deputata laburista Jo Cox, paladina dell’integrazione europea e dei migranti). Anche in Galles c’è stata una grande vittoria di Leave.

Pesante la flessione delle borse europee

L’esito inaspettato del referendum con la vittoria della Brexit ha causato una pesante flessione delle principali borse europee. Nelle ultime sedute, infatti, i mercati avevano scommesso su una vittoria della Bremain. Mentre nella notte si prefigurava già la vittoria del “leave”, la sterlina è arrivata a perdere fino al 15% sul dollaro, livelli che non si vedevano dal 1985. Ha vacillato fortemente anche l’euro, in calo di circa 4 punti percentuali, arrivato in mattinata a poco meno di 1,10 sul dollaro.

Il presidente della Bce, Mario Draghi.

Con una nota la Banca Centrale Europea ha dichiarato che sta seguendo con grande attenzione l’evoluzione della situazione sui mercati e che agirà per garantire la stabilità dei prezzi e finanziaria nella zona euro, dicendosi  pronta a fornire liquidità aggiuntiva se necessario, in euro e valute estere.

Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha commentato l’esito del referendum affermando: “Prendiamo atto della decisione del popolo britannico. Chiediamo alle autorità nel Regno Unito e in Europa di lavorare in maniera collaborativa per assicurare una transizione morbida verso nuove relazioni economiche”.

Farage ha inneggiato all’Independence Day

Il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde.

Il leader del partito anti-Ue, Nigel Farage, principale sostenitore del Leave,  ha inneggiato all’Independence Day (“giorno dell’indipendenza”), chiedendo, sin dalle prime ore del mattino, ancora prima dei dati ufficiali, le dimissioni del premier Cameron. Insieme a lui hanno esultato i leader dei partiti euroscettici europei, da Marine Le Pen del Front National, all’olandese Geert Wilders del Pvv che hanno invocato referendum simili per l’uscita di Francia e Olanda. Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ha twittato “Ora tocca a noi”, annunciando che raccoglierà le firme per l’Italexit. Donald Trump si è detto molto contento per il voto britannico, aggiungendo che ora gli Stati Uniti potranno stabilire relazioni migliori e moltiplicare i commerci con la Gran Bretagna. Ai giornalisti ha detto: “La gente è stufa, vuole riprendersi i confini…questo non è l’ultimo posto dove capiterà una cosa del genere”.

Nigel Farage.

Il referendum sulla Brexit non è legalmente vincolante ma il premier David Cameron ha annunciato le proprie dimissioni entro ottobre davanti al portone di Downing Street, poi comunicate anche alla Regina, dopo le mozioni di sfiducia del leader dei laburisti, Jeremy Corbyn. Cameron aveva proposto il referendum per ottenere aperture e nuove concessioni dall’Ue. Dopo averle ottenute aveva fatto campagna a favore dell’opzione Remain.

Cameron: “La volontà del popolo britannico sarà rispettata”

Il negoziato di uscita sarà guidato dal nuovo primo ministro cosicchè “la volontà del popolo britannico sarà rispettata”. Secondo i bookmakers britannici il favorito per la successione diCameron alla guida del governo sarebbe l’ex sindaco di Londra e principale promotore di Leave, Boris Johnson.

L’ex sindaco di Londra, Boris Johnson e il premier, David Cameron.

L’ex premier, Tony Blair, a Sky News oggi ha commentato: Cerchiamo di capire dove stiamo andando. Si può guidare la rabbia ma così facendo non si producono risposte ai bisogni delle persone. Il partito laburista deve ritrovare l’unità e dobbiamo chiederci  “Vogliamo sia Farage a guidare il paese?”, “Vogliamo che la gente si renda conto che cerchiamo di dare risposte ai problemi e lo facciamo non certo dividendo il paese e portandolo ad un tempo che non c’è più. Capiremo che questa non è la risposta giusta”.

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha dichiarato:  “Il popolo britannico ha parlato”, auspicando che i negoziati che si apriranno tra Regno Unito e Unione europea” assicurino stabilità, sicurezza, prosperità per l’Europa, la Gran Bretagna, l’Irlanda del Nord e per tutto il mondo”.

L’Unione di 27 Stati membri continuerà

L’ex premier, Tony Blair.

Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, e il presidente di turno, il premier olandese, Mark Rutte, in una dichiarazione congiunta dopo il vertice di crisi nella sede della Commissione Ue a Bruxelles, hanno affermato: “Siamo dispiaciuti”  ma “l’Unione di 27 Stati membri continuerà”.  “Ci aspettiamo che il governo del Regno Unito dia effetto alla decisione del popolo britannico al più presto possibile, per quanto doloroso potrà essere il processo”.

La cancelliera tedesca Angela Merkel, pur ritenendo che la Brexit sia un taglio netto per l’Europa, ha avvertito che ora serve un’analisi “calma e composta” dell’esito del referendum.

La cancelliera tedesca, Angela Merkel.

Domani a Berlino si vedranno i ministri degli Esteri dei Paesi fondatori, dove Francia e Germania si presenteranno con un documento comune.

Intanto i leader europei si sono sentiti al telefono e lunedì è previsto un vertice a Berlino tra Matteo Renzi, Angela Merkel, Francois Hollande e Donald Tusk.

Renzi: “L’Europa è la nostra casa, è il nostro futuro”

Renzi ha twittato: “Dobbiamo cambiarla per renderla più umana e più giusta. Ma l’Europa è la nostra casa, è il nostro futuro” e il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha auspicato che, nonostante l’aspettativa di un esito diverso del referendum, “ora bisogna dare seguito” alla decisione degli elettori britannici, con l’attivazione dell’art. 50 del Trattato di Lisbona per l’addio della Gran Bretagna.

Prima del Trattato di Lisbona la possibilità di uscita dall’Ue, non era nemmeno prevista. Ora è contemplata dall’articolo 50, che finora non è mai stato utilizzato. La riunione del vertice Ue di martedì e mercoledì prossimi potrebbe essere l’occasione per Cameron di attivarlo. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk ha annunciato che prima di quel vertice a 28 ci sarà una “riunione informale a 27” per “una riflessione”. Tusk ha assicurato che “Non ci sarà vuoto legale”, precisando che “fino all’uscita formale della Gran Bretagna la legge Ue resta valida nel Regno Unito, ciò significa diritti e doveri”.

Con l’articolo 50 attivato, comincia il negoziato, gestito dalla Commissione Ue su mandato del Consiglio, per l’uscita della Gran Bretagna da quasi 45 anni di legislazione europea. Nel frattempo Londra continuerà ad essere membro a tutti gli effetti dell’Ue. Spetterà poi a Consiglio e Parlamento Ue dare o meno l’ok all’accordo per l’exit. Se al termine dei due anni questo non fosse stato raggiunto o la Gran Bretagna cessa di colpo di essere membro oppure (ma solo su decisione unanime dei 27) potrà esserle concesso più tempo per chiudere l’intesa. Tutto dovrà essere rinegoziato per i nuovi rapporti. La rinegoziazione potrebbero durare fino a una decina di anni.

Dopo più di quattro decenni nell’Ue il Regno Unito ha scelto l’uscita

Ieri ciò che non si osava immaginare è accaduto. E già dalle prime ore di oggi era chiaro che gli elettori avevano ignorato gli avvertimenti di economisti, alleati e governo, dopo più di quattro decenni nell’Ue con i 27 che acquistano quasi la metà dei beni esportati del Regno Unito. Tutti, da Barack Obama ai capi della Nato e del Fondo monetario internazionale, hanno esortato i britannici a scegliere l’Ue. Ma gli elettori hanno respinto i loro inviti. I britannici hanno dato molte motivazioni al desiderio di uscire, dal deficit di democrazia a Bruxelles, alla debolezza delle economie della zona euro. Larghi settori dell’elettorato erano composti da coloro che sono stati maggiormente colpiti dai tagli alla spesa pubblica e che non hanno avuto accesso al benessere del paese.

Ma la questione centrale sembra essere stata la libera circolazione delle persone. Poiché il numero di nuovi arrivi nel paese è aumentato e l’immigrazione è salita in cima alla lista delle preoccupazioni. Facendo leva su queste motivazioni i leader della campagna per l’uscita hanno promesso ai loro sostenitori sia un’economia fiorente sia il controllo dell’immigrazione. Entrambe le possibilità non saranno però ottenibili e il nuovo primo ministro dovrà  tradire una delle due promesse. In favore del controllo dell’immigrazione, infatti, il Regno Unito ha rifiutato il mercato unico dell’Ue e non potrà più beneficiare della ricchezza che comporta. Dopo questo voto il rischio è che il Regno Unito diventi più chiuso, isolato e meno dinamico.

L’immigrazione non è un costo ma un beneficio

La leader del Front National, Marine Le Pen.

Il voto, poi, non ha considerato che il presunto costo dell’immigrazione è in realtà un beneficio. I migranti europei contribuiscono attivamente alle finanze pubbliche e quindi pagano in modo più che sufficiente per il loro uso dei servizi sanitari ed educativi. Senza migranti provenienti dall’Ue, scuole, ospedali e settori economici come l’agricoltura e l’edilizia sarebbero carenti di manodopera. In base a queste considerazioni il nuovo primo ministro dovrebbe optare per un accordo come quello della Norvegia, che dà pieno accesso al mercato unico più grande del mondo, ma mantiene il principio della libera circolazione delle persone. In questo modo si potrebbe massimizzare la ricchezza. Nell’attesa di confermare l’accordo, in ogni caso, l’economia soffrirà e l’immigrazione calerà da sola.

Il crollo della sterlina al valore minimo degli ultimi trent’anni, oggi,  ha già  fatto capire cosa potrebbe accadere. Il calo della fiducia potrebbe gettare il Regno Unito nella recessione. Perchè un’economia meno dinamica in modo permanente significa meno posti di lavoro, entrate fiscali più basse e maggiore austerità. Il risultato del referendum  potrebbe far vacillare la già fragile economia mondiale. Gli scozzesi, poi, che in gran parte hanno votato per restare nell’Ue, potrebbero adesso nuovamente desiderare di staccarsi dal Regno Unito, come hanno quasi fatto nel 2014. Dall’altra parte della Manica, infine, euroscettici come il Fronte nazionale francese potrebbero vedere l’uscita britannica come un incoraggiamento.

Bruxelles ha perso il contatto con i cittadini

 

La Brexit è un duro colpo anche per l’Ue. I burocrati di Bruxelles hanno perso il contatto con i cittadini comuni. Ogni paese avverte questo risentimento a modo suo. Una recente indagine del Pew research center ha rivelato che in nessuno dei paesi esaminati dall’indagine si è registrato molto sostegno per le istituzioni europee. In Francia, uno dei paesi fondatori dell’Unione e suo acceso sostenitore, solo il 38 per cento delle persone continua ad avere un giudizio favorevole verso l’Ue. In Italia e in Grecia, dove le economie sono deboli, la rabbia è rivolta contro l’austerità imposta dalla Germania. In Francia, l’Unione europea è accusata di essere “ultraliberista” (al contrario i britannici ne criticano l’eccesso di regole). In Europa orientale i nazionalisti tradizionali criticano l’Unione per l’imposizione di valori come il matrimonio gay. Per affrontare la crescente rabbia popolare l’Ue dovrà dare un forte impulso alla crescita, creando posti di lavoro, ricchezza e basi forti, a partire da una vera e propria unione bancaria.

 

 

Lascia una risposta