Slitta al 4 aprile la direzione Pd

Slitta al 4 aprile la direzione Pd

 

Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

 

Questa mattina, al Quirinale, c’è stato un faccia a faccia tra il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella,

Una “resa dei conti” tra maggioranza e minoranza Pd

ed il premier Matteo Renzi. Al centro del colloquio i principali temi dell’agenda politica, dopo il rientro del Capo dello Stato dalla missione in Africa. Poi Mattarella si è unito al cordoglio per le vittime dell’incidente stradale avvenuto ieri mattina in Catalogna, a Tarragona, che vede 7 vittime italiane confermate, delle 13 totali. Mattarella ha dichiarato: “Sono profondamente addolorato per il gravissimo e assurdo incidente avvenuto in  Spagna, che ha provocato la morte di tante giovani universitarie, soprattutto italiane”. Al termine dell’incontro il presidente del Consiglio è partito per la Spagna, per rendere omaggio ai familiari delle giovani italiane che hanno perso la vita nell’incidente. Già su Twitter Renzi aveva scritto: “Ho il cuore spezzato per le vittime italiane e per le altre giovani vite distrutte nell’incidente in Spagna”. Questa mattina l’Università di Barcellona ha osservato un minuto di silenzio per le vittime, mentre dagli Atenei italiani sono arrivati messaggi di solidarietà.

Sempre in segno di lutto, così, è saltata la tanto attesa direzione del Pd di oggi che è stata rinviata al 4 aprile prossimo. In una nota del partito, infatti,  si legge: “Il Partito Democratico è vicino alle famiglie delle nostre connazionali morte tragicamente in Catalogna e, in segno di lutto, il presidente dell’Assemblea nazionale, Matteo Orfini, sentito e in accordo con il segretario del Pd, Matteo Renzi, ha deciso di sconvocare la Direzione nazionale prevista per oggi alle ore 18 riconvocandola per il prossimo 4 aprile”. Non si terrà dunque oggi il confronto alla direzione del Partito Democratico che ieri il premier e segretario del partito, Matteo Renzi, aveva definito “resa dei conti”, tra la maggioranza e la minoranza del Pd. Slitta, così, anche l’acceso dibattito in programma.

La direzione era stata convocata dopo le primarie del Pd, con la sinistra del partito all’attacco sulla scarsa affluenza a Roma e sui brogli elettorali  a Napoli. Ma le tensioni tra maggioranza e minoranza, nelle scorse settimane, hanno riguardato anche altri temi tra cui il doppio ruolo di Renzi di presidente del Consiglio e segretario del Pd, i voti di Verdini e dei suoi al governo, il referendum sulle trivellazioni in mare. In campo ci sono anche le critiche di Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Roberto Speranza, pronunciate nella convention dello scorso weekend a San Martino in Campo e quelle di Enrico Letta e Massimo D’Alema, annunciate nelle interviste al Corriere della Sera e a SkyTg24.

Alla tre giorni di Perugia, infatti,  la sinistra dem aveva alzato la voce. Così alle parole di Roberto Speranza: “La nostra sfida è dentro il Pd, ma la rotta va aggiustata”, si erano poi aggiunte le dichiarazioni di Pier Luigi Bersani: “Renzi sta governando con i voti che ho preso io, non io Bersani, ma io centrosinistra”. Da cassa di risonanza avevano fatto le dichiarazioni di Enrico Letta al Corriere della Sera e  le interviste critiche di Massimo D’Alema. Letta non aveva esitato a bacchettare il presidente del Consiglio su alcune questioni, dicendo: “L’immigrazione? La guida toccava all’Italia,  se l’è presa la Merkel”,   “l’economia italiana si è fermata.  Serve un’operazione verità. Le difficoltà vanno spiegate, non coperte. L’ipotesi di una scissione nel Pd? Mi aspetto  che chi guida si assuma  l’onere della inclusione e non l’onere del cacciare un pezzo di Pd”. Poi Letta aveva lanciato la stoccata finale: “governare con Verdini? è una scelta non una  necessità”. In una lunga intervista, sempre al “Corriere della sera”, Massimo D’Alema era andato all’attacco della dirigenza Dem e di Matteo Renzi a partire dal caso delle primarie di Napoli passando, anche lui, per l’appoggio di Verdini ad alcuni provvedimenti in Senato. Ma l’ex premier aveva parlato anche a SkyTg24 descrivendo il Pd come un partito “in mano a un gruppetto di persone arroganti e autoreferenziali che ignorano i suoi fondatori e che sta generando a sinistra un malessere che può portare ad un nuovo partito”. Dure le reazioni dei renziani e la replica del presidente del Pd, Matteo Orfini, che aveva detto: “Ne parleremo in direzione”. Dopo la kermesse di Perugia, la sinistra Pd, caricata dalla constatazione che in molti si sono ritrovati a condividere lo stesso malessere, intendeva chiedere “risposte precise e chiarezza” al segretario sulla linea che il Pd intende seguire. Il clima interno al partito, dunque, si è fatto tesissimo, tanto che l’intenzione delle tre aree che compongono la minoranza dem era quella di arrivare all’incontro compatti per presentarsi battagliera all’incontro con il segretario del partito.

Ieri all’assemblea dei Giovani Democratici, a proposito del referendun sulle trivellazioni in mare, Renzi ha confermato la linea indicata dai vicesegretari, facendo sapere, però,  che chi andrà a votare non sarà sanzionato. Renzi ha detto: “Chiunque può fare quel che vuole ma non fatevi prendere in giro. E’ un referendum, del tutto legittimo, per bloccare impianti che funzionano. Ma è uno spreco e mette a rischio 10mila posti. I 300 milioni della consultazione le Regioni li potevano spendere per asili nido e non per dare un segnale. L’astensione? La promossero i Ds sull’articolo 18”. Sempre in quella sede Renzi ha detto di non essere intenzionato a farsi logorare dalle polemiche e che anche lui è pronto a “menare come un fabbro” per difendere l’attività del governo. Quanto al tema del sostegno di Verdini, ha dichiarato: “Un metodo infallibile per non avere in maggioranza Alfano e Verdini è vincere le elezioni, cosa che nel 2013 non è accaduta. Sembra si siano svegliati tutti insieme, ma Alfano e Verdini hanno votato la fiducia anche a Letta e Monti”, rivendicando una sinistra per la quale l’obiettivo non è “che anche i ricchi piangano ma che i poveri ridano”. Renzi ha rivolto un consiglio ai giovani dem: “Non siate attaccati alle menate mentali, fate una pernacchia a chi vi dice che il problema è essere renziani o antirenziani. A differenza delle generazioni di prima, a un certo punto il primo a essere rottamato sarò io. Ma intanto mi pongo obiettivi grandi” come il referendum sulla riforma costituzionale. I renziani, infatti, sospettano che al referendum gli oppositori del premier dentro il Pd voteranno “no” insieme al M5s, a Forza Italia e alla Lega. E il premier ha sempre detto “Se va male, vado via”.

Oggi nessuno si aspettava una direzione facile, dopo le dichiarazioni di Renzi che si era detto stufo del continuo e quotidiano stillicidio di dichiarazioni e interviste di esponenti del Partito democratico che lo attaccano e dopo la promessa ai Giovani dem: “Non è la sede per discutere di piccole beghe, ne riparleremo domani”. Renzi aveva  avvertito: “Non farò più passare tutto come ho fatto fino ad ora. E non si tratta di cacciare qualcuno, perché io non ho mai cacciato nessuno, né di andare alla resa dei conti. Io parlo di lealtà: stiamo nello stesso partito e dobbiamo essere leali”, riferendosi non a se stesso, “ma al Paese”. Perché le polemiche e le accuse rischiano di “danneggiare l’immagine del Paese”. E che non sia più disposto a fare finta di niente Renzi lo ha lasciato intendere anche nella “E news” che ha diffuso ieri mattina, dove ha affermato che c’è “un incredibile elenco di falsità che circondano l’azione del governo” e che nuocciono “all’immagine del Paese”. Renzi ha spiegato che “Per molto tempo ho pensato che fosse meglio non rispondere. Forse, però, non è la strategia migliore”. Per questo motivo ha fatto sapere di voler “smontare le bufale e le bugie”.

Ora, in attesa della direzione annunciata per il 4 aprile, tutto rimane sospeso. La “resa dei conti” nel Pd è solo rinviata.

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