Riina a Porta a Porta. Tutti contro: “non è giornalismo”

Riina a Porta a Porta. Tutti contro: “non è giornalismo”

Il conduttore di “Porta a porta”, Bruno Vespa.

Non si placano le polemiche sulla Rai per aver mandato in onda mercoledì scorso, durante la trasmissione “Porta a Porta”,  l’intervista di Bruno Vespa al figlio del mafioso Toto Riina, per la presentazione del suo libro. La puntata, molto contestata, segue quella di qualche mese fa quando in trasmissione furono invitati i parenti dei Casamonica.

Un ulteriore punto di vista

Già in mattinata, nonostante numerose critiche,  la Rai aveva confermato la messa in onda dell’ intervista, precisando che “per offrire un ulteriore punto di vista a quello offerto dal figlio di Riina, Porta a Porta avrebbe ospitato il giorno dopo una puntata dedicata alla lotta contro la criminalità e alla mafia. Ospiti, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano e il presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone.

Il presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi.

Di fatto con questa decisione, la tv pubblica non ha fatto una bella figura se gli stessi vertici hanno ammesso che è mancato un confronto preventivo per un’intervista su un tema così delicato e nonostante il presidente dell’Antimafia Rosy Bindi e diverse forze politiche ne avessero chiesto il blocco. Secondo quanto si è appreso in ambienti Rai, infatti,  un primo tentativo del dg Antonio Campo Dall’Orto e del presidente, Monica Maggioni, di convincere Vespa a rinunciare spontaneamente alla messa in onda sarebbe fallito. Motivo dell’appello, l’inopportunità di esporre il servizio pubblico ad una seconda bufera dopo l’intervista ai Casamonica e il deciso intervento del sindacato Usigrai e della stessa Federazione nazionale della stampa. Vespa,  avrebbe respinto le richieste dei vertici della Rai.

La presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, prima della conferma, aveva detto:  “Mi auguro che in Rai ci sia un ripensamento. Ma se questa sera andrà in onda l’intervista al figlio di Totò Riina, avremo la conferma che “Porta a Porta” si presta ad essere il salotto del negazionismo della mafia e chiederò all’Ufficio di Presidenza di convocare in Commissione la Presidente e il Direttore generale della Rai”.

Pier Luigi Bersani.

Avuta conferma della messa in onda, Pier Luigi Bersani ha deciso di rinunciare alla partecipazione. La presenza dell’ex segretario del Pd era prevista nella prima parte della trasmissione. La trasmissione quindi ha avuto inizio direttamente con l’intervista a Salvo Riina.

Lanciando all’inizio del programma l’intervista, Bruno Vespa ha avvertito: “Tra poco trasmetteremo l’intervista a un mafioso. È Salvo Riina, il figlio di Totò Riina, il capo dei capi della mafia”, sottolineando: “Un ritratto sconcertante, certo, ma per combattere la mafia bisogna conoscerla. E per conoscerla meglio c’è bisogno a nostro avviso anche di interviste come questa”.

Come precedentemente annunciato in serata, è  arrivata la notizia, dalla Commissione parlamentare Antimafia, della convocazione per il giorno dopo di Maggioni e Campo Dall’Orto, per una audizione urgente sulla vicenda dell’intervista.

Ieri, dunque, i vertici dell’azienda pubblica sono stati ascoltati dalla commissione Antimafia. Sotto accusa non solo l’opportunità di intervistare Riina jr, ma anche le modalità dell’intervista condotta da Vespa.

Il direttore generale Campo dall’Orto, il presidente della Rai, Monica Maggioni e il presidente dell’Antimafia Rosy Bindi.

Il presidente della Rai, Monica Maggioni, non ha potuto difendere la decisione: “Dobbiamo tenere conto del contesto e delle responsabilità del servizio pubblico. La ferita mafiosa per l’Italia non è il passato, è l’oggi, è il presente. Nella nostra programmazione quotidiana la vittima e l’aguzzino non devono avere la stessa dignità di racconto”. E ha riconosciuto che il racconto andato in scena nel salotto di Vespa “ha moltissime cose che lo rendono insopportabile. Prima di tutto non rinnegare il padre e dare dall’inizio alla fine un’intervista da mafioso, quale è”.  E il direttore generale Campo dall’Orto ha spiegato che “Dopo un confronto con il direttore editoriale dell’informazione Rai Carlo Verdelli, lui ha ritenuto che fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aumentare il dibattito rispetto al racconto intorno alla mafia.

Campo dall’Orto: “Bisognerà avere una supervisione”

Il mio compito non è essere censore né l’ultimo decisore di tutto, ma l’ultimo decisore solo quando serve”. E ha aggiunto che, per questo, “dal primo settembre bisognerà riuscire ad avere una supervisione che lavori a priori sui contenuti giornalistici ovunque essi siano”. Infine Campo dall’Orto ha precisato che “Non sono stati fatti pagamenti. Le domande sono state fatte in libertà e la liberatoria è arrivata alla fine”.

La verità è che l’intervista di Vespa non ha affatto aiutato a capire la criminalità organizzata. E il direttore non ha fatto una sola domanda “scomoda” al figlio del capo dei capi che, con un volto di pietra, nelle sue dichiarazioni ha solo trasmesso valori negativi: “Era un divertimento il non andare a scuola”; “Siamo nati differenti. Nella sua complessità è stato un gioco”; “Non tocca a me giudicare mio padre che mi ha trasmesso il bene”; “Come dice il comandamento: rispetta tuo padre e tua madre”. E che
nemmeno alla domanda: “Che cos’è la mafia?” ha fornito una risposta che potesse essere utile a qualcuno: “Non lo so. Non me lo sono mai chiesto”.

Salvo Riina.

Confedercontribuenti ha annunciato che presenterà una denuncia nei confronti del giornalista Bruno Vespa, del Presidente della RAI Monica Maggioni e del Direttore Generale Antonio Campo dell’Orto per il programma “Porta a Porta”. Il presidente nazionale di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro, ha detto: “Questo atteggiamento colpisce ancora una volta le vittime della criminalità mafiosa. Noi di Confedercontribuenti che abbiamo fatto della lotta alle mafie e la diffusione della legalità uno dei nostri scopi sociali, senza bavagli e censure chiediamo che Bruno Vespa e la dirigenza RAI vengano perseguiti per apologia di reato poiché con il denaro degli italiani hanno contribuito a diffondere la “cultura mafiosa”, di chi ha già 8 ergastoli, come Totò Riina, e una condanna a 8 anni di carcere, come il figlio, improvvisamente diventato scrittore.”

Fava: “Il problema è come lo intervisti”

Il vicepresidente della Commissione antimafia, Claudio Fava, giornalista, figlio di Giuseppe, che venne assassinato dalla mafia il 5 gennaio 1984 a Catania, ha commentato l’intervista su Facebook. Fava ha scritto: “Il problema non è intervistare il figlio di Riina o Totò Riina in persona o un altro macellaio mafioso. Il problema è come lo intervisti. Le domande che gli fai. Le risposte che pretendi di ottenere. Senza piaggerie, senza untuosità”. E ha spiegato: “Il punto è che se davanti hai il figlio di Totò Riina non gli permetti di costruire il siparietto su quant’era bravo e premuroso quel padre, che tanto della mafia se ne occupano i tribunali. Se quell’intervista hai voglia di farla, la fai come si deve: costringendo il cerimonioso rampollo a parlare degli ammazzati collezionati dal padre, dell’odore del napalm che attraversava quegli anni palermitani, dei soldi accumulati dal suo genitore, del potere esercitato, delle obbedienze ricevute”. “Dei suoi amici, gli chiederei. Gli chiederei di parlare di Cosa Nostra, altrimenti aria!”. Poi Fava ha attaccato Vespa: “Il punto è che Vespa non è un giornalista. O meglio: con il figlio di Riina o di Casamonica non gli interessa fare il giornalista. Non ha la schiena dritta. Fa le domande sbagliate. Gli serve solo l’audience. E se per un punto di share in più conviene parlare del natale in casa Riina piuttosto che dell’estate di Capaci, Vespa questo farà. Insomma, un intrattenitore, un imbonitore, minuscolo con i potenti, gradasso con i vinti”.

Totò Riina.

In sole 12 ore sono state raccolte  quasi 35mila firme, per chiedere la chiusura di “Porta a Porta”. L’appello è stato lanciato sulla piattaforma di petizioni online Change.org. Nel testo della petizione si legge: “È inaccettabile che la Rai mandi in onda la puntata di “Porta a Porta” sulla presentazione del libro del figlio del Boss mafioso Totò Riina, Salvo”.

Il presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, ha dichiarato: “Riina jr è stato reticente e omertoso, ha raccontato menzogne e ha mandato messaggi pericolosi e inquietanti senza essere contrastato dal conduttore”. E ha proseguito: “Quell’intervista ha prestato il fianco al negazionismo e al riduzionismo del fenomeno mafia, e non sappiamo se quelle parole siano indirizzate ai clan o anche minacce verso i pentiti”. La presidente dell’Antimafia ha ricordato che dopo la vicenda Casamonica dell’estate scorsa, dalla Rai erano venute assicurazioni che qualcosa di simile non si sarebbe ripetuto. E ha concluso dicendo che Quella di Salvo Riina “non è stata l’intervista di un figlio a sul padre, ma di un condannato di mafia, figlio di un boss di Cosa Nostra. Quali condizioni sono state poste da Riina per l’intervista?”.

Severo e rammaricato il commento del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha sottolineato come lui in Rai ha sempre dato la liberatoria prima di parlare, mentre a Riina è stata chiesta solo dopo: «Non si banalizza la mafia, serve serietà».

Il presidente del Senato, Pietro Grasso.

Su Twitter il presidente del Senato Pietro Grasso, avvertendo che non ha guardato “Porta a Porta”, ha scritto:  “Non mi interessa se le mani di Riina accarezzavano i figli, sono le stesse macchiate di sangue innocente. Lui, seconda carica dello Stato e magistrato, amico di Falcone, che porta sempre in tasca l’accendino che Giovanni gli diede poco prima di saltare in aria a Capaci. Poi, intervenendo alla Luiss in merito all’intervista, Grasso ha detto: “Io penso che il servizio pubblico non debba avere limiti all’informazione, ma deve imporre un diverso grado di responsabilità e di serietà. Che contributo hanno dato le parole di Riina a una maggiore conoscenza del fenomeno mafioso? Non si può banalizzare la mafia, non si ci si deve prestare a operazioni commerciali e culturali di questo tipo, e una puntata riparatoria non giustifica, anzi sembra mettere sullo stesso piano il punto di vista della mafia e quello dello Stato”.

La mafia “può essere tutto e niente”

E ha aggiunto: “I giornali di oggi danno ampio risalto all’intervista al figlio di Riina, che sta promuovendo le vendite del suo libro, e che, eludendo tutte le domande sulla mafia, le stragi e le vittime, ha cercato di umanizzare la figura di suo padre e di banalizzare il male immenso della mafia. Ha raccontato che Totò Riina gli ha trasmesso il rispetto della famiglia, dei valori e della tradizione. Ha detto che la mafia “può essere tutto e niente” e che è assurdo che i pentiti non vadano in carcere. Parole vecchie di 30 o 40 anni”. “Che contributo hanno dato per conoscere il fenomeno mafioso? Meritavano davvero la ribalta della rete principale del servizio pubblico?”. Poi ha concluso: “Quando sono andato alla Rai la liberatoria me l’hanno fatta firmare sempre prima, anche quando abbiamo fatto delle registrazioni. Ho sentito che lui ha firmato dopo aver visto il filmato”, segno del “grande rispetto anche da parte della Rai… forse lui aveva timore che gli fosse sfuggito qualcosa di compromettente…”.

Una libreria di Catania dice “no” al libro del figlio del boss.

Il deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, in un’intervista a “Repubblica.it ha commentato: “Io sono di Palermo. A me una cosa come questa fa male all’anima. Il direttore Antonio Campo Dall’Orto e la presidente Monica Maggioni devono venire in Vigilanza a spiegare come sia possibile che il servizio pubblico si presti a queste operazioni “. “Quella del monologo del figlio di Totò Riina a “Porta a porta” è stata una delle pagine più buie del servizio pubblico radiotelevisivo, verrà ricordata come un vulnus. Il moto generale di indignazione di cittadini, familiari delle vittime, istituzioni ce lo conferma anche oggi. A imbarazzare, però, è stata anche la libertà con la quale Riina jr ha detto una pesante menzogna, non smentita dal conduttore durante l’intervista: non è vero che il sanguinario boss Giovanni Brusca, poi diventato collaboratore di giustizia, non abbia fatto un giorno di carcere. Ancora oggi, dopo il suo arresto di 20 anni fa, sta scontando in galera la sua pena. Chi ripagherà i telespettatori e chi pagherà per questo grave errore?”. E ha aggiunto: “La presidente Monica Maggioni, il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e il presidente della Vigilanza, Roberto Fico, rispondano su questo: dopo il via libera della Rai alla messa in onda dell’intervista e dopo la completa impotenza dimostrata dalla commissione di Vigilanza, chi si assume la responsabilità di questo errore, facilmente riscontrabile al minuto 40:30 della registrazione presente anche sul sito della Rai? E’ dovuto intervenire, solo dopo, l’avvocato Li Gotti a ricordare che Brusca è tuttora in carcere. Peraltro lo stesso Li Gotti, dopo la trasmissione, ha manifestato il suo sconcerto per l’assenza di interlocuzione e per essere stato chiamato a fare da cornice alla presentazione del libro del figlio del boss. La direttrice di Huffington Post Lucia Annunziata, inoltre, denuncia in un’intervista il rischio che l’ospitata serva a far cancellare il 41 bis a Totò Riina: chi risponde a questi interrogativi? Il servizio pubblico è stato strumentalizzato, come già accaduto con i Casamonica?”.

Maria Falcone.

La sorella del giudice ucciso da Cosa Nostra insieme alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti di scorta nella strage di Capaci, Maria Falcone, ha detto di essere stata “costernata della decisione di far partecipare per la presentazione del proprio libro, il figlio di Totò Riina, carnefice di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, e centinaia di altri servitori dello Stato, e anch’egli condannato per associazione mafiosa”. E ha aggiunto: “La Rai ha deciso di andare avanti e di mandare in onda il figlio di Totò Riina? Vuol dire che non ha avuto la forza di tornare indietro. La sua presenza nel servizio pubblico è un’offesa per tutti, un fatto indegno”.

Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso dalla mafia guidata da Totò Riina, ha affidato il suo sfogo ad un post di Facebook, scrivendo: “Noi familiari delle vittime di mafia eventi di questo tipo significano ancora una volta una riapertura delle nostre ferite, ove mai queste si fossero chiuse, ma ormai purtroppo questo, dopo 24 anni un cui non c’è stata ancora né Verità né Giustizia, è una cosa a cui ci siamo abituati, ma mai rassegnati”.

“Dopo i Casamonica, la famiglia Riina”

Anche il segretario generale e il presidente della Federazione nazionale della stampa, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti e il segretario dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini, Vittorio Di Trapani, sono stati contrariati dalla messa in onda dell’intervista: “Dopo i Casamonica, a Porta a Porta la famiglia Riina. La Rai Servizio Pubblico non può diventare il salotto di famiglie criminali. Chi strumentalmente vuole invocare presunte volontà censorie, ci dica perché non si dedica almeno lo stesso spazio alle giornaliste e ai giornalisti minacciati”.

Il presidente della Vigilanza Rai, Roberto Fico.

Sette senatori del Pd (Lucrezia Ricchiuti, Donatella Albano, Maria Cecilia Guerra, Maurizio Migliavacca, Gianluca Rossi, Vincenzo Cuomo e Laura Puppato) hanno scritto una lettera al presidente della Vigilanza Rai, Roberto Fico (M5S) per chiedere di “convocare al più presto una seduta della Commissione di vigilanza per verificare presupposti e misura di sanzioni sulla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per questi episodi che oggettivamente rischiano di far sembrare la televisione pubblica il salotto in cui le associazioni criminali sono di casa”. Nel corso dell’audizione, anche la senatrice della minoranza Pd, Lucrezia Ricchiuti,  ha chiesto le dimissioni dei vertici Rai e Vespa, che ha definito “portavoce della mafia”.

Su Facebook, Fico ha scritto: “Il direttore generale della Rai Campo dall’Orto ha autorizzato la presentazione del libro del figlio di Riina a “Porta a porta” da Bruno Vespa? È stato autorizzato dal nuovo direttore di Rai 1 Andrea Fabiano? Chiederemo le richieste di autorizzazione. Ci sono degli accordi tra la trasmissione di Vespa e la casa editrice del libro di Riina? Esigo trasparenza massima”.

Il presidente del gruppo Misto alla Camera, Pino Pisicchio ha chiesto di convocare Vespa in commissione.

Critico anche il commissario della Vigilanza, Nicola Fratoianni (Si), che ha chiesto: “Ma che diavolo di servizio pubblico è quello che invita il figlio di Riina a Porta a Porta? Era il 9 settembre scorso quando dissi la medesima cosa riferita all’ospitata della famiglia Casamonica negli studi Rai. Ora ci tocca ripeterlo. A questo punto i vertici della Rai siano convocati in Commissione parlamentare di vigilanza per spiegare questa discutibile scelta”.

Freccero: “la mafia esiste ancora”

Il senatore Sergio Lo Giudice, portavoce di ReteDem, intervenendo a nome dei parlamentari e degli attivisti aderenti al network democratico, ha parlato di “idea indigeribile”, chiedendo le dimissioni di Bruno Vespa. Lo Giudice ha detto:  “Questo utilizzo della Rai fa un pessimo servizio al paese”.

Il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, ai microfoni del Tg2000, il telegiornale di Tv2000, ha detto: “Mi sono rifiutato assolutamente di vedere la trasmissione” con ospite il figlio di Totò Riina e “qualora venissi invitato a “Porta a Porta” non andrò per non sedere sulla stessa poltrona. Non ci andrò mai lì dentro. Non sono stato chiamato e spero che non mi chiamino mai. Non si possono fare queste cose per dare spettacolo”. E ha aggiunto: “Sono uno di quelli che non ha visto e voluto vedere “Porta a Porta”. Mi sembra che sia sacrosanta la protesta nei confronti della Rai e di alcuni giornalisti. Si può anche far andare il figlio di Riina in televisione ma non devono guidare le danze e fare loro lo show per spiegarci cosa non è la Mafia. Bisogna avere giornalisti intelligenti, non inginocchiati, che sappiano fare le domande che la gente vuole fare a queste persone. Non i perbenisti ma la gente che ha avuto danni gravi e parenti ammazzati. Abbiamo avuto tutti dei danni da questa gente”.

Il consigliere di amministrazione della Rai, Carlo Freccero.

Solo due i commenti di avviso diverso. Uno è stato quello di Fabrizio Cicchitto (Ncd) che ha dichiarato: “Non si capisce quale negazionismo ci sia nell’intervista al figlio di Riina. L’intervista non è una esaltazione ma anzi è uno strumento per approfondire l’analisi di un fenomeno”.

L’altro del consigliere di amministrazione della Rai, Carlo Freccero, che dell’intervista ha detto: “L’ho vista, senza pensare al pubblico che a quell’ora è selezionato, informato. Ho analizzato l’effetto che faceva a me. Quello che parlava era un mafioso, che guardava le immagini delle stragi da estraneo, quasi schifato, come se vedesse un insetto. E mi ha fatto capire che la mafia esiste ancora”. “Bruno non ha sbagliato, l’ha fatto per la sua carriera, che vale più di tutto. E io lo capisco, avrei fatto lo stesso e l’ho fatto.  “Siamo malati, la tv per noi, l’ho detto già altre volte, è come l’eroina, è una droga che ti dà tanto ma ti porta via l’anima, ti ruba tutto”.

Di certo l’intervista di “Porta a Porta” non è stato un servizio al pubblico perchè davanti a quella telecamera c’è stato un mafioso che ha esaltato il padre, autore di cinquant’anni di stragi.
Se questo è il nostro servizio pubblico, per protesta, bisognerebbe non pagare il canone. Ma forse, a pensarci bene, c’è stato un servizio alla pubblica amministrazione. Quello di scuotere, per distrarre i cittadini, questa volta, per esempio, dall’inchiesta petrolifera degli ultimi giorni, di cui invece, si dovrebbe discutere.

 

 

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