Riforma dei partiti. La democrazia interna è un obbligo

Riforma dei partiti. La democrazia interna è un obbligo

Il deputato del Pd, Matteo Richetti.

La legge sui partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, è arrivata in Commissione Affari Costituzionali della Camera, che la sta discutendo.

La legge affronta il tema della democrazia interna di partiti

La legge affronta i temi della trasparenza finanziaria ma anche della democrazia interna di partiti e movimenti politici. Il presidente del Senato Pietro Grasso aveva invitato a portare avanti la legge sui partiti “all’unisono” con le riforme costituzionali e elettorale.

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Il presidente del Senato, Pietro Grasso.

In commissione sono state presentate varie proposte di legge. La scorsa settimana il relatore Matteo Richetti (Pd) ha predisposto un testo unificato delle diverse proposte di legge. Sono stati depositati 200 emendamenti. Il nuovo testo Richetti abbandona l’impostazione della proposta Guerini (la proposta di legge ufficiale del Pd a prima firma di Lorenzo Guerini considerata contro i 5 Stelle) che prevedeva l’esclusione dalle elezioni dei partiti e movimenti che non si dotassero di uno statuto con specifici requisiti. L’attuale ddl prevede che averli o meno è la condizione per accedere ai finanziamenti pubblici indiretti (detrazioni, due per mille ecc). La proposta Richetti richiama i partiti a regolamentare la loro iniziativa politica rispettando alcuni principi di democrazia interna, per quanto riguarda forme e modalità di iscrizione, partecipazione degli iscritti alle decisioni, selezione dei candidati. La norma si applica però alle sole forze politiche iscritte al registro dei partiti, non a tutti i movimenti o gruppi politici che partecipano alle elezioni.

Matteo Richetti.

La legge prevede (come la proposta Guerini) che possano essere ricusate delle liste al momento delle elezioni. Ma Richetti ha aperto ai 5Stelle limitando l’esclusione solo ai casi in cui una forza politica, priva di uno statuto, non presenti neppure una dichiarazione notarile che indichi il legale rappresentante del partito, la sede legale, gli organi e la loro composizione e attribuzioni, le modalità di selezione dei candidati (art. 3, comma 1, lettera a).

Il provvedimento  non tocca il tema delle fondazioni

La proposta rende anche condizione di ammissione alle elezioni la presentazione del programma. La proposta Richetti contiene poi delle norme di trasparenza sul contrassegno, statuto, pubblicazione sui siti. In merito al finanziamento ai partiti, l’art. 6 della proposta accoglie quanto già previsto da altri testi, come quello del presidente della Commissione, Andrea Mazziotti (Sc), sull’estensione delle regole sulla trasparenza per le erogazioni sotto 5000 euro. Le norme sulla trasparenza interesseranno non solo gli eletti, ma anche i semplici candidati. Il provvedimento del relatore non tocca il tema delle fondazioni in quanto non prende in considerazione alcuna modifica alla normativa vigente, e non amplia le norme sulla trasparenza, come proposto dai testi dei grillini e dello stesso Mazziotti.

Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti.

Oggi sono stati votati gli emendamenti agli articoli 1 e 2 del provvedimento e il Presidente della Commissione Mazziotti conta di portarlo in Aula giovedì 26, concludendo l’esame tra giovedì e martedì prossimi.

Questa mattina lo stesso Richetti ha dato parere favorevole ad un emendamento di Stefano Quaranta (Si) e di Alessandro Naccarato (Pd) al primo comma della legge che prevede che “i cittadini hanno diritto ad associarsi in partiti e movimenti per concorrere alla formazione dell’indirizzo politico e all’elaborazione di programmi per il governo nazionale e locale”. Un emendamento approvato dalla Commissione ma su cui M5s si è astenuto ritenendolo ridondante rispetto all’articolo 49 della Costituzione.

La battaglia politica è iniziata sul secondo comma del testo

Il deputato del M5s, Danilo Toninelli.

Durante il dibattito sul testo non sono mancate le polemiche. La battaglia politica, però, è iniziata sul secondo comma del testo unificato che prevede l’obbligo per partiti e movimenti di adottare il metodo democratico nella vita interna. E sull’onda del caso Pizzarotti, si è acceso un duro scontro tra i 5 stelle e i democratici. La Commissione ha bocciato l’emendamento M5s di Danilo Toninelli.

Alcuni deputati del Movimento 5 stelle hanno ribadito la loro contrarietà a “normare” per legge il tema.

Toninelli: “La Costituzione non prevede l’obbligo di democrazia interna”

E il deputato Danilo Toninelli ha detto: “E’ la Costituzione a non prevedere l’obbligo di democrazia interna”.

Subito su Twitter il senatore Pd Andrea Marcucci ha scritto: “Preferiscono la catena di comando Di Maio-Casaleggio”.

Il senatore Pd, Andrea Marcucci.

Toninelli prima su Facebook e poi in commissione ha giustificato l’emendamento spiegando che il Movimento è contrario all’introduzione di uno statuto obbligatorio per tutte le formazioni che decidono di partecipare alle elezioni: “Chi oggi ci accusa di non volere il metodo democratico interno ai partiti dovrebbe avere la decenza di dire che è la Costituzione a non prevederlo, per evitare che qualcuno imponga la sua visione di metodo democratico che, invece, di democratico non ha nulla”. E, riferendosi all’articolo 49della Costituzione, ha aggiunto: “I nostri padri costituenti hanno voluto, giustamente, evitare che si imponesse un unico modello di partito”.

Danilo Toninelli.

Il Partito democratico ha fortemente contestato la proposta dei grillini. Il deputato e membro della segreteria dem, Emanuele Fiano, ha detto: “I 5 stelle hanno un problema con la parola democrazia”. “Ognuno ha le sue allergie. Per noi democratici invece, stabilire regole comuni minime di trasparenza e certezza, nel funzionamento della vita dei partiti, è un requisito essenziale per la tenuta della democrazia italiana”. “Capiamo la difficoltà di approvare la legge sui partiti per i 5 stelle nel momento in cui vicende complesse, come quella del sindaco di Parma Pizzarotti, dividono il loro Movimento sulla natura delle loro decisioni, sulla titolarità dei loro organi decisionali, sulla presenza o meno di norme interne certe, sulla trasparenza dei vertici. A noi interessa una legge per tutti i partiti proprio per questo. Noi vogliamo democrazia e trasparenza per tutti. Loro vogliono regole speciali, opache tutte per loro. I cittadini potranno valutare, nel voto finale su questa legge, chi vuole trasparenza e chi no”.

Romano: “Noi vogliamo più democrazia il  M5s no”

Il deputato dem, Emanuele Fiano.

Il responsabile della giustizia del Pd, David Ermini, ha attaccato: “Ci risiamo. Dopo il caso Pizzarotti, Grillo e Casaleggio junior stringono la morsa sul movimento per impedire la democrazia interna. Sono allergici”. E Andrea Romano ha affermato: “Noi vogliamo più democrazia, M5s no. Chissà perché. #M5Spectre”.

La deputata del Pd, Alessandra Moretti, ha detto: “Il M5s è passato dalla fase dello streaming a ogni costo, quando consultavano la base su ogni virgola, sino all’esasperazione opposta di un direttorio ristretto che decide le sorti di un sindaco eletto dal popolo sulla base della fedeltà o meno al capo. Triste epilogo di un movimento che è passato dall’uno vale uno, al decide uno solo. Sembra di assistere a una puntata del Grande Fratello più che allo scontro interno a una forza politica”.

iI sottosegretario all’Ambiente, Silvia Velo.

In un tweet, il sottosegretario all’Ambiente e deputata del Pd, Silvia Velo, ha commentato: “I 5s preferiscono i diktat del guru”.

Il relatore dem Richetti ha detto: “Questa è una legge sulla trasparenza, per rendere chiare le procedure, i meccanismi di rendicontazione, per sapere a chi compete l’approvazione del bilancio, a chi le espulsioni. Tutti questi aspetti oggi indispensabili per accedere al ‘due per mille’ sono estesi a quelli che vogliono correre alle elezioni e che poi sono eletti in Parlamento.

Richetti: “La trasparenza è un onere”

La trasparenza è un onere che si deve avere verso i cittadini se si è una forza politica nazionale. Con questa legge, a ogni inottemperanza corrisponde una sanzione economica. Non si dice come deve funzionare una forza politica. Se le espulsioni le decide Grillo, va bene. Ma il M5s ha l’obbligo di far sapere ai suoi elettori che è lui che comanda. Fare un movimento che urla ‘uno vale uno’ e poi espelle i sindaci per mail è un gioco da ragazzi. E non va bene per la qualità della vita democratica del nostro Paese. Bisogna ridurre il gap tra la narrazione e la realtà”.

Matteo Richetti.

Poi i grillini hanno protestato per la bocciatura di due emendamenti che chiedevano “il divieto dei partiti di ricevere donazioni anonime e contributi versati da stati esteri e imponevano di pubblicare online curriculum e casellari giudiziari dei candidati che si presentano alle elezioni”. Toninelli  ha commentato: “Mentre si riempiono la bocca della parola “democrazia” poi, alla prova dei fatti il Pd non c’è mai e, come volevasi dimostrare, dice “no” a semplici norme sulla trasparenza, dettate unicamente dal buon senso”.

Obblighi che il M5s ha finora rifiutato

Sono stati approvati, anche con i voti del M5s, i due emendamenti di Andrea Mazziotti di Celso (Scelta Civica) già ribattezzati anti-M5S perchè introducono obblighi che il Movimento ha finora rifiutato. La norma si inserisce nelle polemiche di questi giorni sulla gestione del M5s e sul ruolo esercitato da Beppe Grillo come garante e dalla Casaleggio Associati. Uno degli emendamenti, infatti, stabilisce che, in assenza di disposizioni diverse o di Statuto, si applicano le norme generali del codice civile che valgono per le associazioni. Una previsione che potrebbe evitare altri “casi Pizzarotti” perchè impone regole chiare sulle espulsioni, ossia decide l’assemblea degli iscritti. L’altro emendamento stabilisce che il “partito, movimento o gruppo politico organizzato ha l’esclusiva titolarità della denominazione e del simbolo di cui fa uso” e che “ogni modifica e ogni atto di disposizione o di concessione in uso della denominazione e del simbolo è di competenza dell’assemblea degli associati o iscritti”. Un caso come quello di Beppe Grillo, che ha l’esclusiva sul simbolo M5S, non sarà più possibile.

Il deputato di Scelta Civica, Andrea Mazziotti di Celso.

Il suo autore ha spiegato che questo, come è evidente, “riguarda il M5S ma anche tanti altri partiti che hanno avuto contenziosi giuridici sull’uso del simbolo”. Le modifiche prevedono che il partito, il movimento o il gruppo politico organizzato avrà l’”esclusiva” titolarità della denominazione e del simbolo di cui fa uso, “salvo diversa disposizione dello statuto o dell’accordo associativo”. La stessa modifica, che aggiunge un comma all’articolo 2, precisa che “la denominazione e il simbolo usati dai soggetti politici organizzati sono regolati dall’articolo 7 del codice civile”. Inoltre, “ogni modifica e ogni atto di disposizione o di concessione in uso della denominazione e del simbolo è di competenza dell’assemblea degli associati o iscritti. Chiunque è tenuto a far coincidere simbolo e partito oppure si deve dire a chi appartiene il simbolo. Quindi se il simbolo appartiene alla Casaleggio Associati, andrà indicato pubblicamente. E’ una norma che rafforza la trasparenza sulla titolarità del simbolo”.

Nessuno correrà più il rischio di vedersi privato del simbolo

Mazziotti ha spiegato: “abbiamo approvato una norma che regolamenta l’uso del simbolo che è spesso uno degli oggetti di polemica costante e di discussione, stabilendo da un lato una cosa già detta dalla giurisprudenza e cioè che al simbolo e al nome del partito si applica la disciplina dell’articolo 7 del codice civile sul nome, mentre prima si tentava di applicare la disciplina sui marchi commerciali, ora si chiarisce quali norme si applicano e che a decidere non sarà più uno solo. Nessuno correrà più il rischio di vedersi privato del simbolo sotto il quale si era candidato, ogni decisione sarà di competenza non del fondatore del partito o del movimento ma dell’assemblea. Ci sono stati casi di partiti, anche in passato, in cui il simbolo era di individui e quando litigavano si creava un problema”.

Andrea Mazziotti di Celso.

Il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera si è detto “molto soddisfatto per l’approvazione di questi due emendamenti perchè rispettano i principi di libertà e autodeterminazione dei partiti ma introducono anche regole chiare su chi decide e chi è responsabile. Insieme alle norme sulla trasparenza previste dal testo base Richetti fanno sì che chi si iscrive o vota un partito saprà quali sono esattamente le sue regole e come si applicano”. In una dichiarazione a Repubblica Mazziotti ha messo il caso del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, in relazione alla riforma dei partiti.

La decisione di sospendere Pizzarotti è probabilmente illegittima

E ha affermato: “Vorrei  sottolineare l’approccio double face alla trasparenza dei 5 Stelle: chi si iscrive e chi si candida ha un dovere assoluto di trasparenza. Ma non un diritto alla trasparenza. Da un punto di vista legale, la decisione di sospendere Pizzarotti è probabilmente illegittima. Perché non si capisce su quali regole, principi e delibere si fondi. Grillo pare abbia il potere assoluto di sospenderti, senza contraddittorio. Casi come questo dimostrano quanto sia urgente una legge sui partiti e movimenti politici”.

Il deputato di Sinistra italiana, Stefano Quaranta.

Sono stati approvati due emendamenti a prima firma del deputato di  Sinistra italiana Stefano Quaranta che modificano l’articolo 2 del testo unico sulla riforma dei partiti. Il primo inserisce la parità di genere nella formazione di partiti, movimenti o gruppi politici. Il secondo introduce e rafforza il principio della collegialità interna, prevedendo che “è diritto di tutti gli iscritti partecipare, senza discriminazioni, alla determinazione delle scelte politiche che impegnano il partito”. Il comma due dell’articolo 2 che regola le norme in materia di partecipazione politica, dopo la modifica apportata in commissione, recita quindi: “L’organizzazione e il funzionamento dei partiti, movimenti o gruppi politici organizzati sono improntati al principio della trasparenza e al metodo democratico, la cui osservanza, ai sensi dell’articolo 49 della Costituzione, è assicurata anche attraverso il rispetto delle disposizioni della presente legge. E’ diritto di tutti gli iscritti partecipare, senza discriminazioni, alla determinazione delle scelte politiche che impegnano il partito”.

Quaranta ha criticato l’intero testo dicendo: “Quello che stiamo discutendo è un testo assai debole e poco ambizioso. Un compromesso al ribasso che serve a non disturbare nessuno. Meno che meno i due più grandi partiti: Pd e M5s, anche se fanno finta di darsele di santa ragione”.

La commissione tornerà a riunirsi mercoledì. La previsione è che il testo sarà licenziato entro la prossima settimana, così da approdare in Aula entro la fine di maggio.

 

A cura di Roberta d’Eramo

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